domenica 20 aprile 2014

La benedizione del santuario Madonna di Caravaggio di Deggia

La Famiglia Cristiana, 10 giugno 1896

Deggia di S. Lorenzo, 28 maggio (rit.)

(Una bella solennità). Bella, commovente e splendida oltre ogni aspettazione riuscì la festa del 26 corr. in Deggia, la funzione religiosa della Benedizione della nuova Chiesa, imagine di Maria SS. di Caravaggio, e nuove campane.
Erano già trascorsi quattro anni dacché l'abbrivio alla non facile impresa partiva da un bravo giovane, Margonari Sperandio di Prusa, dimorante nell'Argentina, colla cospicua offerta di 20 marenghi, ed il vagheggiato pensiero stava per divenire una insperabile realtà.
Difatti, ai primi di giugno del 1894 s'abbandonava il progetto d'ingrandimento della indecorosa vecchia Cappella come antiestetito e rejetto ripetutamente dall'eccelsa i.r. Luogotenenza d'Inssbruck coll'ingiunzione di presentarne uno nuovo meglio rispondente allo scopo. La cosa non era facile, e con difficoltà si poteva cavarsi d'impaccio essendo già chiuso l'incanto per l'ampliamento della vecchia, ed i levatari pronti a manovrar di piccone e per di più i fondi necessari fondati su mobile arena. Sembrava che la cosa dovesse andare a picco senza l'intervento d'uno di quei fatti, che chiameremo providenziali, e che influiscono sulla volontà e la determinano ad agire talvolta anche contro speranza.
Contro ogni previsione infatti ai 10 dello stesso mese veniva collocata la prima pietra con tutta solennità. Per una relazione da giornale non è mio intento il tessere la cronaca delle vicende ora esilaranti ora, comiche e dolorose che accompagnarono il lavoro d'erezione; ciò formerà l'argomento d'uno spigliato lavoro semidrammatico riservato all'archivio canonicale, il quale farà ridere saporitamente i posteri pel modo tutto nuovo d'applicare la tanto vantata libertà, e tornerebbe pericoloso d'altronde lo stendere il bucato in piazza, quindi i cortesi lettori sacrifichino la curiosità.
S'avvicina il 26 maggio, ed agli sgoccioli d'aprile tutto era in disordine, tutto mancava fuorché le muraglie nude e brulle col tetto; ma volere è potere, le difficoltà furono superate mediante l'unione di forze energiche, ed all'universale scoraggiamento subentrò la fiducia. Ed ecco che la bella chiesa si presenta quale sposa adorna nel fausto giorno sul colle romantico di Deggia e Moline, quasi vigile scorta di quelle frazioni, intanto che la vecchia cadeva sotto i colpi demolitori del piccone per far luogo al grandioso piazzale davanti alla nuova.
La chiesetta di Deggia attualmente
Un solenne triduo di preparazione, predicato dal rev. cooperatore curaziale, disponeva la popolazione alla solennità, mostrando la grandezza di Maria, perché pura, umile e caritatevole.
L'alba del 26 salutata dallo sparo dei mortaretti sembrava minacciare la festa con una pioggerella minuta, ma la santa Madonna voleva il suo trionfo, e le processioni e funzioni furono fatte in piena regola.
L'impressione e l'emozione giunsero al colmo quando la processione si distese in tutta la sua pompa sul lungo stradale delle Moline e Deggia fiancheggiata dal Dos Mani, ove si trovano le rovine del castello omonimo da una parte, e il torrente Bondai dall'altra. Quale contrasto col verde cupo del bosco e le vesti bianco azzurre dei 24 giovani che sostenevano il fercolo della Madonna, i veli dello stesso colore e le corone bianche in testa delle 24 fanciulle che sostenevano quello della pia contadinella! Per farsi una giusta idea è necessario avere un cuore riscaldato all'amore di Maria, è necessario conoscere le condizioni logistiche di quei luoghi. Da ogni petto spontaneo erompeva il grido: "Non abbiamo mai veduto né vedremo sì facilmente una solennità così maestosa in questi luoghi solitari!".
Giunta la processione in Deggia salutata dalle popolazioni dei paesi vicini, il r.mo arciprete di Condino don Giacomo Redolfi quale delegato vescovile incominciò le funzioni rituali, e giunto al Vangelo della Messa solenne dovette salire il pergamo improvvisato sulla porta maggiore per far sentire la parola di Dio all'immensa moltitudine che gremiva e Chiesa e piazzale. Esordiva coll'esternare l'alta sua soddisfazione pel bene fatto, col mostrarsi meravigliato di ritornare dopo 13 anni da che era partito da S. Lorenzo in quel luogo a benedire una nuova Chiesa, cosa creduta impossibile. Quindi con rapido passaggio trattò con affettuoso discorso il tema: Maria Signora di grazia, Signora di merito, e Signora d'impero, chiudendo coll'eccitare tutti all'amore e alla fiducia in Maria, scudo contro le tentazioni, sollievo nelle amarezze della vita.
Lo stile della Chiesa è il romano, in generale è ben proporzionata, le parti armonizzano artisticamente, i capitelli delle arcate sono un po' troppo pesanti, e qualche altro lieve sconcio riscontrasi difficile ad evitarsi in una fabbrica disegnatasi al chiarore di luna.
L'altare fu tolto dall'esposizione Vaticana illustrata, dono fatto a Leone XIII dal vescovo e Diocesi di Tarbes negli alti Pirenei. I gradini e la predella sono di pietra tolta dalla cave di S. Lorenzo, il resto di legno bianco duro con specchi neri ove sono incastonati fregi dorati; in mezzo campeggia il monogramma di Maria, la mensa è sostenuta da quattro coloncine coi capitelli dorati. Nel suo complesso è bello ed appariscente.
Le statue uscirono dal laboratorio del bravo ed onesto Giuseppe Rungaldier di Gardena, come pure i fregi dell'altare. Devota è l'imagine di Maria che protende le mani verso la desolata Giovanna in atto di consolarla, ricco il manto azzurro, e delicate le pieghe. Rosso un po' sfacciato il colore del sottoabito. Il sembiante della contadina la mi sembra un po' troppo giovane, e forse lascia essa un po' desiderare in quanto alla grandezza, del resto l'atteggiamento è sublime, l'espressione di dolore e di celestiale confidenza con quelli occhi quasi lagrimosi rivolti alla Vergine benedetta rapisce ed affascina.
Il fausto giorno veniva poi allietato nella sacra funzione dalla simultanea presenza di 13 sacerdoti della Parocchia del Banale con alla testa il m. r. Paroco nonché dei rev. coop. di Spormaggiore e Vezzano, i quali tutti coadiuvarono il rev. celebrante nella Messa solenne musicata dal coro dei giovani di S. Lorenzo appositamente istruiti dall'infaticabile don Gentilini e nei vespri solenni, processione serotina e Tedeum.
Non mancarono bandiere, archi, iscrizioni analoghe alla solennità dettate dalla feconda mente del signor dirigente le scuole popolari Brunelli Giovanni, una delle quali sopra l'arco maggiore piacque assai, perché alludeva al rev.mo arciprete funzionante che ritorna in mezzo a quel popolo che edificò colla parola e coll'esempio per 16 anni come curato per benedire a Maria a fianco del suo antico cooperatore.
Il concorso dei conterranei fu straordinario, si calcolano a 2000 e più le persone che intervennero alla grande solennità, e quello che più importa si è che sul volto di tutti si leggeva la pietà, la commozione, e non si ebbe a lamentare il minimo inconveniente in tanta folla, sicché anche la benemerita arma non ebbe disturbi.
Al modesto banchetto fatto in un salone tutto moderno improvvisato sull'aja del vegliardo Giuliani Lorenzo santese venne letta una patetica ode, distribuita ai convenuti assieme all'effigie di Maria fotografata per l'occasione dal maestro Brunelli e dal cooperatore D. Alfonso. Non mancò la più schietta ed onesta allegria cogli evviva a Maria, a Leone XIII, al benamato Pr. Vescovo, al rev.mo arciprete, all'impresa, ai Comuni di S. Lorenzo, Andalo e Molveno.
E qui mi sia permesso, e credo di non offendere la modestia di nissuno, di segnalare la generosità veramente magnanima dei fratelli Rigotti, m.r.d Giuseppe direttore spirituale del Seminario P.V. di Trento e Luigi, di Angelo Donati, ed Orlandi Santo negozianti in Prato pel dono che fecero alla Chiesa nuova di due belle campane uscite dalla fonderia Chiappani di Trento. Onore e ringraziamenti a chi tanto fece per procurarci una reliquia di Maria SS. Onore ed azioni di grazie ai nostri laboriosi pittori Brunelli e don Gentilini i quali non risparmiarono né tempo né fatica per decorare il sacro tempio, con generale soddisfazione.
S'abbiano ringraziamenti e l'eterna nostra riconoscenza gli artisti falegnami e fabbri ferrai di S. Lorenzo e di Andalo che prestarono gratuitamente l'opera loro, la signora maestra locale Adelina Eccheli, la quale certo non risparmiò se stessa per rendere maggiormente decorosa la funzione coll'approntamento degli addobbi ecc. Un grazie cordiale ai pompieri ed al loro dirigente Angelo Donati per l'attività spiegata e pel decoro aggiunto alla solennità colla loro presenza, ed al santese Lorenzo Giuliani che tanto faticò per condurre a termine la fabbrica. Un grazie cordiale mandiamo ai nostri compatrioti di America, di Baviera e di Francia pel sudato obolo che vollero spedire per onorare la nostra cara madre Maria; a tutti quegli onesti e caritatevoli negozianti che ci furono larghi nell'abbassare i prezzi delle diverse somministrazioni, e fra questi meritano speciale menzione il sig. Salvatore de Tisi vetrajo di Rovereto, e Giuseppe Rungaldier che sopra il contratto volle far dono alla Chiesa delle quattro coloncine che sostengono la mensa dell'altare.
Un grazie cortese a tutte le fioraje e ricamatrici di S. Lorenzo ed estere, che concorsero spontaneamente a decorare il sacro tempio, fra le quali merita speciale menzione la sig. maestra Gregori Giuseppina di Andogno donatrice e lavoratrice di due cuscini di velluto rosso.
Sarebbe ingratitudine il dimenticare i lodevoli comuni e le popolazioni di Andalo e Molveno nostri contermini per la carità usataci in elemosine e legnami pella Chiesa ed ultimamente per l'orchestra.
Tutti, tutti coloro che hanno prestato il loro concorso, anco i dimenticati in questa relazione, s'abbiano la nostra riconoscenza.
Quella benedizione che con accento commosso ed infuocato invocava da Maria il rev.mo arciprete celebrante, scenda copiosa sopra tutti i nostri benefattori che pel corso di due anni prestarono l'opera loro gratuita all'erezione del devoto santuario coll'approntare i materiali all'impresa, e questa benedizione serva di sprone, come bene accentuava il r.mo signor Decano, a far sì che il bene incominciato sia coronato d'uno splendido termine. Possa la Vergine di Caravaggio suscitare anime generose come in passato, le quali sentono in fondo al cuore quanto resta ancora da farsi per la provvista d'una pianeta, d'un Messale, candelieri, d'una lampada conveniente al decoroso ornamento del sacro recinto, cose tutte che mancano assolutamente, e d'una sagristia conveniente.
Quella fede incrollabile nella Vergine, che tutti animò fin qui, speriamo che non iscemerà nel futuro, e questa stessa fede saprà riscaldare altri cuori amanti d'una tanta Madre. Quod est in votis.
Un osservatore eremito